Il compromesso è la tomba dell’amore?

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Questa mattina mentre bevevo il caffè sul divano, mi sono accorta che il gatto stava masticando qualcosa dietro un cuscino. Ho allungato la mano e proprio mentre il Fidanzato Asburgico faceva per sedersi accanto a me, ho tirato fuori un calzino da uomo a righe colorate. Tenendolo alto tra pollice e indice mi sono girata verso di lui dicendo

“Uh, guarda! Un calzino!”

Il Fidanzato Asburgico mi ha guardata e ha inclinato leggermente la testa da un lato. Il calzino era ancora lì che penzolava tra noi quando, finalmente, siamo scoppiati a ridere.

Ebbene si, a me non da assolutamente fastidio trovare calzini, puliti o sporchi che siano, in giro. Mentre finivo il caffè ho riflettuto che questo è probabilmente il segreto della nostra convivenza felice.

L’opinione comune è di tutt’altra idea: perché una relazione funzioni bisogna essere pronti al compromesso. E quando c’è l’amore, ovviamente, non è nemmeno troppo difficile piegarsi un po’. Che so, evitare di cucinare i peperoni alla sera, se al Fidanzato Asburgico provocassero una flatulenza terribile. Tanto per fare un esempio, eh!

Io con questa banalità – scusate – non sono per niente d’accordo. Anzi, sono fortissimamente convinta che il compromesso sia un veleno. Lo prendi a piccole dosi, giorno dopo giorno, fino a che una bella mattina ti alzi e… schiatti di colpo.

Spesso siamo noi stessi a infilarci nei pasticci. Per capire perché non bisogna però pensare ad una relazione matura e solida, nella quale amore e rispetto la fanno da padroni. Bisogna invece tornare indietro alle primissime magiche settimane – quelle in cui siamo nel pieno della cotta e ci facciamo a vicenda una corte frenetica.

È proprio in questo periodo che gettiamo le fondamenta del nostro futuro di coppia e, purtroppo, ci raccontiamo bugie l’un l’altra. Spesso nemmeno ce ne accorgiamo.

Quando ho conosciuto il Fidanzato Asburgico volevo che vedesse il mio lato migliore. Con le migliori intenzioni di questo mondo, quindi, quello che gli ho raccontato di me non rispecchiava propriamente come sono, ma piuttosto come mi sarebbe piaciuto essere. Una sorta di Monica come me la immagino, se solo riuscissi a grattar via la crosta di pigrizia, debolezza e insicurezza che mi ricopre.

So per certo che il Fidanzato Asburgico ha fatto lo stesso con me.

Io ad esempio gli ho lasciato credere di essere più stravagante e indipendente di quanto non sia. Non che io sia una borghesuccia appiccicosa, per carità, ma ogni tanto tenersi la manina in pubblico fa piacere! La mia fortuna è stata che il Fidanzato Asburgico mi ha raccontato la stessa precisa identica bugia. Non abbiamo quindi avuto problemi. Perché, mai dimenticare, prima o poi tutti i nodi vengono al pettine.

Un pochino abbiamo anche avuto fortuna. Io all’inizio avevo mostrato molto, troppo interesse per la musica – il Fidanzato Asburgico è davvero un esperto – mentre lui mi aveva raccontato di essere un fanatico di libri – io sono un topo di biblioteca. Pian piano abbiamo invece realizzato che quando io infilo il naso in un libro non lo tiro più su per ore – troppe ore per il Fidanzato Asburgico. Così come troppo forte è il volume con cui lui ama ascoltare musica in soggiorno. Abbiamo quindi elaborato una soluzione che a noi pare di un’eleganza squisita: io leggo, mentre il Fidanzato Asburgico ascolta musica con le cuffie. Ancora ne andiamo fieri!

In passato non mi è sempre andata così bene. A volte i miei racconti sulla Monica-che-vorrei-tanto-essere mi si sono ritorti contro con una perfidia terribile.

Nessuno sano di mente racconterebbe mai di essere un pigrone tremendo, giusto? Bene, spiegatelo ai poverini che mi hanno trascinata in giro per innumerabili finesettimana su piste da sci, su sentieri delle capre con la mountain-bike, addirittura c’era un tipo che mi portava a fare wakeboard! Mentre io, con l’essere sportiva, intendevo piuttosto che mi piace guardare la Formula1 in televisione e ogni tanto fare un giretto con i rollerblade sul lungolago.

Alcuni, tra amici e conoscenti, hanno fatto di ben peggio. Radi – per esempio – si è innamorato, ricambiato, di Charlotte su facebook. Lui è austriaco di origini siriane, lei canadese francofona. Radi, con l’aiuto di una coinquilina francese, ha fatto finta per mesi di parlare francese benissimo. Fino al giorno in cui lei non è venuta a trovarlo e lui è andato a prenderla all’aeroporto.

Per la cronaca, Radi e Charlotte oggi sono sposati e la coinquilina francese è diventata la migliore amica di lei. Un finale sorprendente per una storia che pareva davvero condannata a finire a pesci in faccia.

Oppure prendiamo Maria, che ha raccontato al fidanzato vegetariano di poter fare benissimo a meno di mangiare carne. Vivono insieme da un decennio e sono davvero innamorati. Una o due volte al mese, però, io e Maria ci incontriamo in segreto in un ristorante e lei ordina sempre bistecca. Quando le servono la sua t-bone steak al sangue Maria la guarda a lungo prima di cominciare a mangiare. Ho sempre l’impressione che reprima un sospiro, addirittura una lacrima. All’inizio ero pensavo fosse senso di colpa, oggi non sono più tanto sicura. Sospetto sia un pensiero inconfessabile che la sfiora – di come sarebbe la sua vita se fosse insieme ad un carnivoro e la bistecca se la potesse gustare insieme a lui, non di straforo con un’amica.

Ma siamo seri, a parte questi buffi episodi, sono convinta che dietro certe storie si nasconda un processo di apprendimento e crescita. E non della coppia, ma di ciascuno di noi privatamente.

Dopo gli innumerevoli errori di presentazione che ho commesso in passato, ho finalmente imparato cosa mi dia veramente, ma veramente fastidio. E anche cosa no.

Io cucino volentieri, e faccio anche parecchi esperimenti stravaganti in cucina. Adoro provare nuovi ristoranti, cucine esotiche, in Tailandia ho assaggiato gli insetti fritti, in Sicilia pane e meusa. Un aspirante fidanzato con otto diverse intolleranze alimentari non è proprio il mio ideale.

Ancora meno sento il desiderio di trascinare in vacanza su una barca a vela – il paradiso in terra! – un povero tizio che soffre di mal di mare e si scotta orribilmente dopo venti minuti di sole. Anche se lui fosse ben contento, per amor mio, di imbottirsi di pasticche e spennellarsi di crema solare dalla testa ai piedi.

Al più tardi alla quarta vacanza marinara, infatti, il poverino scoppierà di frustrazione – esattamente come io sono scoppiata dopo troppo sci di fondo – senza che l’altro capisca bene perché.

“Ma come, tesoro, ti diverti sempre tanto in montagna in bicicletta!”

“E come darti torto? Te l’avevo raccontato io!”

Non solo quello che raccontiamo all’altro di noi stessi può contenere un tranello. Anche quello che ci raccontiamo da soli.

La ragione mi dice che l’aspetto esteriore non è importante, quello che conta in una persona sono le sue qualità interiori e bla bla bla. È responsabile? È affidabile? È gentile? È onesto? È premuroso?

Verissimo, per carità, su queste cose non si scherza – ma l’ex-fidanzato che si presentava per portarmi a cena in un locale carino in jeans sbracati, maglietta e golfino pieno di palline… hmpf. Era lo stesso tipo che andava in ufficio con un completo di poliestere nero e sotto una camicia grigia a maniche corte. La rabbia irrazionale che mi sale al pensiero dei suoi calzini corti la potrei anche ingoiare, se poi lui non stesse lì a scansare con la forchetta la pelle dei pomodori pelati nel sugo.

Ci ho messo anni a fare pace con me stessa e a capire che il segreto di una relazione felice non è il compromesso, ma la scelta consapevole di un compagno che non urti più di uno dei miei punti deboli. Senza metterla già troppo dura, per carità, ma senza sforzarmi di farmi piacere un’anima che non è affatto la mia gemella.

Morale della favola: Se proprio insisti a portare i calzini corti, fatti almeno piacere le cipolle!