C’è una donna nuda davanti alla porta
Premessa
All’inizio di questa storia la suspense cresce un sacco e non si capisce bene se la storia finirà drammatica o comica. Volevo avvertire subito: comica.
Una domenica mattina troppo presto siamo stati svegliati di soprassalto dal campanello della porta. La porta d’ingresso del nostro appartamento viennese al piano terra della scala 4, cioè tre portoni battenti, due cortili interni e mezza rampa di scale dal portone della strada. Molto misterioso.
Mi sono alzata col pilota automatico, ho infilato una felpa e sono barcollata in ingresso. Mi sono trovata davanti la schiena del Fidanzato Asburgico – si era addormentato sul divano quindi era arrivato prima – che indietreggiava mentre richiudeva la porta.
Si è girato verso di me e ha fatto
C’è una donna nuda davanti alla porta.
Così, plain. Senza inflessione, senza sorpresa, senza umorismo. C’è una donna nuda davanti alla porta. Punto.
Mi sono riscossa un attimo dal mio dormiveglia. Lui nel frattempo si era fatto da parte e mi faceva strada verso il portone chiuso
È meglio se vedi tu.
Meccanicamente, ho aperto. Davanti alla porta c’era una donna nuda. Il mio cervello è andato in black-out, panico panico, oddio che faccio. Il mio istinto ha preso il sopravvento e, mentre elucubravo su come procedere, ha chiuso la porta.
Ricapitoliamo: davanti al nostro ingresso c’è una donna nuda che ha citofonato; le hanno aperto in rapida successione due sconosciuti; entrambi l’hanno guardata assonnati e le hanno richiuso la porta in faccia.
Ho riaperto la porta e, avendo già assorbito lo shock che era nuda, l’ho guardata meglio. Stava appoggiata allo stipite coi capelli lunghi scomposti e si copriva il viso con le mani, forse piangeva piano. Ho notato un po’ di sangue tra mani e bocca. Il sangue mi ha svegliata completamente.
Le ho detto di non preoccuparsi, sono corsa in bagno – lasciando la porta aperta – e l’ho avvolta in fretta in un accappatoio. Stava in piedi a fatica. Una volta sedute sul divano ho cercato di capire cosa le fosse successo. Non so cosa si fosse calata ma nel corso della mezz’ora seguente ha ricostruito una storia abbastanza confusa.
A quanto pare al quinto piano sopra di noi abita un tale Bernd. Sia lei che Bernd sono utenti di una pubblicizzatissima piattaforma online per incontri tra accademici di classe. Ieri sera sono usciti per la prima volta e sono finiti a casa di Bernd. Qui la storia si fa più confusa. Lei si è svegliata sul pianerottolo nuda, non ricorda perché e percome, forse ha battuto il mento sul corrimano di ferro mentre scendeva le scale bussando alle porta, forse no.
Non ricordava il proprio numero di cellulare – presumibilmente tuttora cinque piani più su – né il numero di telefono di alcun parente o amico. Tranne la mamma al paese natio, 400 km da Vienna. Seppur nel suo stato miserabile, abbiamo concordato che non era davvero il caso. Abbiamo cercato sua sorella su Facebook e le abbiamo mandato un messaggio con il mio numero di cellulare dal mio account (non si ricordava la password del suo). Ci ha messo un po’ a scriverlo dato che non aveva gli occhiali.
Il Fidanzato Asburgico, nel frattempo, si era fatto tappezzeria. Immagino fosse stritolato tra la consapevolezza che, con ‘sto maledetto elefante nella stanza dello stupro, un uomo non dovesse battere ciglio o emettere fiato; e la volontà di non lasciarmi sola con una sconosciuta sanguinante. Ha scelto la via dell’immobilità assoluta e si è fuso con lo sfondo nell’angolo più buio della stanza. Una soluzione molto elegante, devo ammettere.
Mandato il messaggio – era ancora parecchio presto – l’ho messa a letto accappatoio e tutto, e sono tornata in soggiorno. Ci siamo seduti sul divano ad aspettare la telefonata.
Per farla breve, la sorella è arrivata, le ho dato di che vestirsi e ringraziandoci profusamente sono partite alla caccia di occhiali, cellulari, Bernd, password e dignità perdute. Il sollievo era tutto nostro.
Epilogo
Un paio di giorni dopo mi è arrivato un sms. La donna nuda davanti alla porta ringraziava di cuore e chiedeva quando potesse riportarmi i vestiti. Immaginando l’imbarazzo le ho proposto la scelta tra venirsi a prendere sportivamente un caffè da noi, citofonare e lasciare al volo, o depositare al bancone del nostro caffè preferito dietro l’angolo. Ha scelto di essere magnifica e venire a raccontarci la storia vera di quella stramba mattina.
Lei e Bernd hanno bevuto troppo e sono semisvenuti nel letto dopo una notte di fuoco. Quando ha iniziato a fare giorno, la luce l’ha svegliata e tra sbornia o chissà cosa non ha riconosciuto né capito dove fosse ed è andata nel panico. È scappata in pianerottolo e ha iniziato a scendere cercando aiuto bussando a tutte le porte (e ha davvero pestato il mento sul corrimano). Poi succediamo noi. Poi la sorella l’ha portata a casa sua, e nel frattempo lei si è schiarita abbastanza da ricordare che no, non era stata violentata e la faccenda era piuttosto tutto un equivoco. Nel primo pomeriggio si è svegliato anche Bernd, sorpreso di essere solo. Ancora più sorpreso quando ha trovato i vestiti e gli occhiali della nostra donna nuda sparsi in camera da letto. Bernd l’ha chiamata sul cellulare, quello ha squilla dalla borsa sul divano. Le ha scritto su Facebook, su WatsApp, persino sulla pubblicizzatissima piattaforma online per incontri tra accademici di classe. Finalmente lei ha risposto, scambio di effetti personali, sorriso imbarazzato, sipario.
A noi di questa storia ci è venuto in tasca un buono per un brunch in un caffè chicchissimo nei paraggi. E un aneddoto che non ci stancheremo mai di raccontare sulla pubblicizzatissima piattaforma online per incontri tra accademici di classe. Ah, e un numero di telefono che ho salvato in memoria come Nome-donna-nuda.
Dovessi una volta aver bisogno di darmi alla macchia in fretta so chi chiamare.
Nota spazio-temporale: Questo post va online quando è stato scritto, il 25 marzo 2018. Prima o poi lo sposterò a una data più consona al diario, cioè novembre 2015.