Belen, Beckham e messaggi subliminali
Bene, oggi Sissi entra in loop!
Sabato pomeriggio ho inviato questo ad Italians, che non è altro che il riassunto di questa vecchia storia. Eppure mi sembrava doveroso…
Originariamente pubblicato su Italians il 08.09.2013
Caro Beppe,
venerdì hai scritto in risposta ad un lettore che lamentava la mercificazione del corpo femminile come causa della violenza contro le donne con “Non vedo però un collegamento diretto con la violenza” (“La mostruosa normalità dei nuovi mostri”).
Il collegamento, invece, c’è. È che avevi preso bene la mira ma mancato di poco il bersaglio. Il problema non sono i centimetri di pelle nuda – che sono solo un’evoluzione temporale. Nel 1800 bastava una caviglia a turbare, nel 1992 al liceo si veniva rimandati a casa dal preside per uno strappo dei jeans che mostrassero un accenno di chiappa, oggi probabilmente ci vuole il topless.
Ci provo io, allora, a spiegare questo collegamento, e lo faccio nel modo che, credo, mi riesce meglio: un esempio.
Prendiamo due campagne pubblicitarie notissime. La prima, risale all’inverno scorso, Belén che accenna a sfilarsi le mutande per una nota marca di intimo. La seconda, più vecchia, sempre intimo, con Beckham semisdraiato e seminudo, pacco in bella vista. Ai più sembreranno belle o brutte, volgari o eleganti allo stesso modo. Belle persone in atteggiamento discinto. E invece la differenza c’è, e pure importante.
Me l’ha spiegata un’amica dal cervello fino, che – sarà anche un caso – vive in un Paese europeo ancora più a nord di me. Beckham è lì come il Bronzo di Riace che dice “Guardatemi come sono bello e desiderabile, anzi irraggiungibile!”. Belén è invece lì che dice “Sono tutta tua, e pure la tua donna dovrebbe esser così”. Pensando in termini di preda vs. predatore, o conquista vs. seduttore. Ecco, Beckham è il predatore, Belén la preda.
E questo è molto grave, perché inculca nelle testoline maschili che la donna debba essere disponibile. E scatena la frustrazione, se non la violenza, quando lei non si concede. E ancora più drammaticamente, inculca nelle testoline femminili l’idea che l’essere bella, seducente e sexy significhi essere disponibile.
A chi dovesse interessare, qui mi dilungo di più
Saluti da Vienna,