Tra l’anoressia e l’elogio del ciccione
Originariamente pubblicato su Italians il 31.03.2011
Caro Beppe e cari Italians,
in principio fu Twiggy, che era magrissima, ma nessuno si interrogava sulle sue abitudini alimentari. Poi sono arrivati gli anni Novanta e la moda assurda dell’heroin chic. Dopo l’affermazione di Kate Moss «nothig tastes as good as being thin», anoressia e bulimia sono diventati un tema scottante. Attenzione, però; chi è davvero malato ha bisogno di aiuto professionale. In giro ci sono invece tantissimi terapeuti amatoriali. Qualsiasi donna magra confermerà: a pranzo con i colleghi o a cena con gli amici, non c’è nessuno che sappia astenersi. Lo spettro anoressia aleggia nell’aria: mangia, mangia che sei troppo magra. A me, che magra lo sono per natura, dà molto fastidio. Perché agli amici sovrappeso non mi sognerei mai di strappare di mano la pizza. Ma che fai, non lo vedi quanto sei grasso? Negli ultimi anni, poi, si è affermato un fenomeno ancora più inquietante: l’elogio del ciccione. Chissà perché, mentre i magri hanno qualcosa che non va, i grassi sanno godersi la vita. Ogni volta che si legge di Victoria Beckam non manca il commento sull’eccessiva magrezza. Mentre Gerard Depardieu è un bon vivant. E Karl Lagerfeld ci viene a raccontare che Beth Ditto è la sua nuova musa e che è soda come un pallone da calcio. Se non sapete chi sia Beth Ditto cercatela su Internet, che io vedo una ragazza paurosamente obesa. Saprà anche «godersi la vita», ma tra qualche anno avrà problemi di cuore e di diabete, e probabilmente a Karl Lagerfeld – secco come un chiodo – lo prenderà a pedate nel sedere. Questo inneggiare al sovrappeso, se fatto una volta, può essere anche una provocazione intelligente. Se ripetuto a oltranza, però, diventa apologia di reato. Obesità non vuol dire essere buongustai, semmai buone forchette. Non vuol dire sapersi godere la vita, ma non saper dire no alla terza porzione. Come dice mia nonna – e qualsiasi medico di base – il giusto sta nel mezzo. Saluti da Vienna,