The Scalogno Project – 10/60 Ragù di fave

Reading Time: 3 minutes

Le fave.

Le fave fresche.

A Vienna.

Lavorando dal lunedì al sabato incluso senza un briciolo di tempo per spulciarmi ortolani e mercati.

Ancora prima di iniziare, ‘sta ricetta del ragù di fave mi era andata completamente di traverso.

Settimana scorsa, in un attacco di debolezza, avevo persino tirato fuori da un cassetto della dispensa due lattine di fave in salamoia, che avevo comprato a Londra a dicembre come back-up. E all’epoca mi era sembrata un’idea divertentissima.

Ho aperto la prima lattina e assaggiato una fava. Mentre ancora masticavo è entrato in cucina il Fidanzato Asburgico

“Ah, hai aperto le fave in lattina! Come sono? Buone?”

Evidentemente guardava la lattina e la sua elegantissima etichetta di Waitrose, e non la mia faccia. Non aveva notato la mia espressione perplessa.

“Mah… non riesco a decidermi, assaggia anche tu”

ho fatto io seria, senza condividere il mio segreto: facevano vomitare.

Non sono fiera di questi istinti da scuola elementare – tipo saltare nell’acqua del lago, prendersi un coccolone perché è gelata, poi voltarsi sorridente verso gli amici sul pontile e strillare “’na meraviglia!”. È così che la gente si becca un infarto. Ma sto divagando.

Il Fidanzato Asburgico ha pescato una fava dal barattolo e se l’è infilata in bocca. Io l’ho guardato dritto negli occhi.

Lui ha fatto questa faccia qui: °_________°

Bon, abbiamo svuotato la lattina nel water e archiviato il tentativo con ignominia. Non ne parleremo mai più.

Pochi giorni dopo mia mamma mi ha chiamata al telefono: due conoscenti erano in partenza per Vienna e mi chiedeva se avessi voglia/tempo per portarli in giro per la città (si/no). Improvvisamente ho avuto un’illuminazione.

“Senti un po’ mamma, non potresti comprarmi un chilo di fave fresche al supermercato e dargliele da infilare in valigia?”

Mamma ha capito al volo

“Per lo Scalogno? Volentieri, tesoro, partono stasera, corro al supermercato!”.

Due giorni dopo i due sono passati in negozio e consegnato il pacchetto. La sera sono tornata a casa con in faccia il classico sorriso del gatto che ha inghiottito il canarino.

Le fave sono poi rimaste un ulteriore paio di giorni nel cassetto della verdura del frigorifero, ancora avvolte nel loro sacchetto di plastica del Pam. Ieri sera le ho tirate fuori, e mi sono accinta a preparare il ragù di fave fresche leggermente ammaccate.

Per prima cosa, ovviamente, le ho sgusciate, un’operazione che pregustavo da tempo. Mi ricordavo infatti di quando aiutavo la nonna a sgusciare i piselli, un’operazione che dava sempre una certa soddisfazione – intendo il crac-crac dello spezzare le punte, e lo spingere fuori i piselli con il dito.

Mi sono seduta sul divano di fronte al telegiornale delle venti e ho preso in mano il primo baccello.Aprite il baccello con tutte e due le mani usando i pollici, quindi spingere fuori i legumi che stanno all’interno: in questo modo farete in un attimo. Questa la teoria di Cracco. Ho aperto schiacciato il primo baccello con i pollici. Uff. Ho spezzato piegato un’estremità. Ari-uff. Ho infilato l’unghia dell’indice nel dorso del baccello, spinto con forza. Se ne è aperto circa un terzo. Le fave erano a due-tre centimetri una dall’altra. Altro che farete in un attimo. Ho finito di sgusciarle che il film iniziato alle 20:15 era già oltre la metà.

Le ho sbianchite in acqua bollente/acqua e ghiaccio (ci sto prendendo gusto), poi le ho asciugate e messe in una ciotola. Sono tornata in soggiorno e ho iniziato a togliere la pellicina a tutte, una ad una.

Cracco infatti mi aveva avvertita in un breve paragrafetto

–> ATTENZIONE: Se le fave sono piccole non vanno pelate, altrimenti non vi resta niente. Se invece sono grandi, bisogna togliere tutta la pellicina intorno”.

(Proprio così, con tutta la freccina e il grassetto, manca solo un punto esclamativo).

Le mie fave erano miste, alcune belle cicciotte, altre minuscole. In mancanza di punti di riferimento – quanto è grande una fava media? mistero – ho stabilito unilateralmente che grande significava più grande dell’unghia del mio mignolo. Ci ho messo un’eternità.

Poi le ho cotte in padella con scalogno e burro. 70 (settanta) grammi di burro. Avete presente il classico panetto di burro da 250g? Bene, 70 grammi è quasi un terzo del mattone. Ero molto perplessa.

Il risultato lo vedete nella foto qui sopra, la foto fa schifo e le fave pure. Sarà che le mie fave erano giorni che non si qualificavano più come fresche, sarà che quelle con ancora su la pellicina erano davvero immangiabili, sarà che c’era davvero troppo, troppo burro. Il Fidanzato Asburgico ha finito la sua porzione per cortesia e non era necessario, gliel’ho detto in tutte le lingue. La mia porzione è finita nella spazzatura. È la prima volta con Cracco. Chissà, forse prima o poi doveva succedere.

Cosa ho imparato? A non usare tutto il burro che mi dice Cracco. Davvero, non mi frega più.

PS: Inutile aggiungere che non ci ho grattugiato sopra la cioccolata fondente come da tocco dello chef.

 

The Scalogno Project inizia qui

Ricetta precedente 9/60