Parla come mangi?
Allo scadere dei primi cinque anni di residenza in quel di Vienna avevo scritto una lista di motivi per cui secondo me avevo fatto benissimo ad andarmene dall’Italia. A chi interessassero, li trovate qui. Al primo, primissimo posto, avevo messo ho imparato due lingue straniere. Non ho cambiato idea, parlare bene una lingua straniera è una soddisfazione che non ti leva nessuno.
All’alba dei dodici anni all’estero, devo comunque riconoscere che il mio Inglese è rimasto più o meno al palo. Lo parlo e lo capisco bene, ma sento sempre un po’ di timore reverenziale di fronte ai madrelingua, e un vago imbarazzo quando sono in UK o USA. Che poi non è forse manco corretto dire che parlo Inglese. Io parlo quell’Inglese internazionale che tutti capiscono ma nessuno apprezza. Credo abbia addirittura un nome… International English, o una roba così.
Il Tedesco invece no, lo parlo davvero bene, con tanto di accento austriaco. E non mi vergogno mai, davvero mai, nemmeno in Germania.
L’altro giorno Lidia, un’amica su facebook, mi ha fatta invece cadere nella disperazione più nera. Io ero bellamente convinta che imparare le lingue straniere fosse sempre cosa buona e giusta, una roba impossibile da criticare, impossibile trovarci difetti. Ho invece realizzato che imparare le lingue straniere ha anche risvolti negativi. Lidia ha postato una domanda apparentemente innocua in un gruppo in cui si ritrovano tanti Italiani che vivono qui:
“Domanda per chi è a Vienna da poco e non parla ancora bene il tedesco. Che stranezze notate nell’italiano di chi è qui da molto tempo?”
Leggere la sfilza di risposte sotto è stato illuminante, divertente e raccapricciante allo stesso tempo. Illuminante perché ho capito che non sono l’unica. Mal comune mezzo gaudio era un proverbio che non mi ha mai convinta troppo, ma offre sempre una certa forma di consolazione. Divertente perché c’è chi fa ben peggio di me, e per continuare con i proverbi inutili, nella vita è sempre questione di paragoni. E offre consolazione anche questo. Raccapricciante perché… beh… davvero… continuate a leggere, vah.
Ecco una breve carrellata degli errori più comuni con cui gli Italiani residenti in un Paese di lingua tedesca infarciscono la propria lingua madre.
Cominciamo con le banali traduzioni letterali:
- Fino invece di entro. “Fino a mercoledì avrò finito la presentazione”
- Normalmente invece di di solito. “Normalmente di sabato mi sveglio tardi”
- Si per favore invece di si grazie. “Vuoi un caffè? Si per favore”
- Avere il compleanno al posto di compiere gli anni. “Oggi Maria ha il compleanno”
- Nei negozi chiedere “dove sono le cabine?” al posto di “dove sono i camerini?”
- Investizione al posto di investimento. “L’investizione per aprire un’azienda in Austria è minima”
- Scurrile al posto di bizzarro. “Che situazione scurrile!”
- Prendere un credito al posto di accendere un mutuo. “Per i lavori di ristrutturazione Paola e Francesco hanno preso un bel credito”
- Scialle al posto di sciarpa. “Mi sono comprata guanti e scialle uguali!”
- Pratico al posto di tirocinio. “È difficilissimo trovare un pratico da parrucchiere”
- Carta da visita al posto di biglietto da visita. “Licia ha una carta da visita pacchianissima”
- Fa senso al posto di ha senso. “Questa frase non fa alcun senso” (!)
- Come ti piace al posto di quanto ti piace. “Come ti piace la musica jazz?”
- Provvisione al posto di provvigione. “Non ho più preso l’appartamento, la provvisione era tropo alta”
- Ammeldare, puro gergo da espatriato post 2004. “Sei già ammeldato?” (che vuol dire, avere o meno l’Anmeldebescheinigung, un documento che permette la residenza a tempo indeterminato all’interno della Comunità Europea).
Ci sono poi tanti modi di dire, di costruire le frasi, che con l’Italiano non c’entrano un tubo. Eppure…
- Anche posizionato alla tedesca. “Lui è anche medico” invece di “Anche lui è medico”
- Oder (oppure) piazzato alla fine di ogni frase come intercalare
- Chiedere “possiamo pagare?” al posto di “ci porta il conto?”
- L’uso fantasioso della preposizione di. “Sarebbe bello di andare a sciare”
- Pronunciare oké al posto di okay. “Ci vediamo stasera?” “Oké!”
- Pronunciare catastófe a posto di catástrofe. “Quel programma è una catastófe”
- Pronunciare papa al posto di papà. Si, proprio come per Papa Francesco, solo intendendo il vecchio genitore.
Anche sull’Italiano scritto ci sarebbe poi da filosofeggiare parecchio
- La tentazione, invero difficile da resistere, di aggiungere un’h dopo la sc. “Il futurismo nasche in Italia”
- La tentazione di scrivere i sostantivi con la maiuscola in Italiano. E a questa, francamente, è davvero impossibile resistere. Non faccio manco un esempio, dato che leggete questo blog. Sceglietevi un post a caso. Questo anche va benissimo.
- Infarcire le frasi di virgole, sempre e assolutamente per separare le frasi principali dalle secondarie. Idem come sopra.
- Usare automaticamente la t al posto della z. “La post-produtione di un film dura mesi”
Io, ammetto, sono colpevole. Molto colpevole. Riguardando la sezione traduzione letterale, confesso un 7/15. Per la costruzione fantasiosa della frase, un bel 5/7. Più uno strepitoso 4/4 per lo scritto.
“La cosa più drammatica” scrive Lidia (che invece ‘sti errori non li fa e scrive i nomi delle lingue straniere con la minuscola) “è che l’italiano va in vacca molto prima di raggiungere un buon livello in tedesco. Si rimane invischiati in un’afasia bilingue, incapaci di esprimersi correttamente sia in tedesco che in italiano”.
Avete altri esempi? Magari in altre lingue? Che a me viene in mente solo gli Italiani di stanza a Londra che dicono i vegetali al posto della verdura!
PS Citazione a parte per “mi froio di vederti” al posto di “sono contento di vederti”. No, perché in Tedesco si dice “Ich freue (pronuncia froie) mich dich zu sehen”, e in Italiano, davvero, non ha alcun senso. Se lo avesse, però, sarebbe sicuramente una parolaccia! Pure piuttosto greve, di quelle, per intenderci, che io non uso e che mi vergogno un attimo pensino a pensarci. Non ci volevo credere, ma questo orrore ha trovato ben tre colpevoli disposti a confessare! Ci tenevo a sottolineare la mia totale estraneità al fatto.
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