Paese che vai… vacanza che trovi
Vivere in una città estera (che potrebbe essere Vienna ma anche Kirchbichl) fa automaticamente di te un esperto di tale città. Non importa che tu viva lì da dieci anni o da due giorni. E quando la città in questione è davvero Vienna e non Kirchbichl – cioè non solo meta di espatrio, ma pure di fine settimana fuori porta – riceverai un sacco di mail e messaggi da sconosciuti che chiedono delucidazioni.
E non c’é niente di male, anzi, io lo trovo uno dei lati indiscutibilmente positivi di questa frenesia telematica che imperversa – la possibilità di comunicare con persone che hanno fatto le esperienze più diverse.
L’unica domanda rilevante che faccio a chi mi scrive con questo tipo di richieste è: parli Tedesco?
No, perché se parli Tedesco ti si apre un mondo fantastico. Volendo puoi anche giocare al mio giochino preferito, cioè quello di visitare una città facendo finta di non essere un turista ma un locale, in qualsiasi declinazione di tuo gusto. Lo studentello squattrinato, magari – che viene su consultando un sito di carpooling multilingue con venti volte tante offerte che in Italiano; trova un divano letto su cui dormire in couchsurfing, idem con patate – e fa magari amicizia con l’ospite e al supermercato cerca e trova la cioccolata fondente al peperoncino per rimpiazzare quella che si è sbafato di straforo; che va ai party più underground e mangia nei locali all-you-can-eat. E trova tutto, esattamente come i locali, su siti tipo falter.
Chi parla Tedesco, però, raramente mi scrive chiedendo delucidazioni, chi parla Tedesco è, per definizione, autonomo.
Chi scrive a sconosciuti o semi-sconosciuti chiedendo aiuto, di solito invece, di Tedesco non capisce un acca. A volte nemmeno di Inglese. A loro consiglio vivamente di valutare le proprie forze, e anche, per sicurezza, la pazienza dell’interlocutore locale.
Fatto sta che chi vive all’estero è spesso molto disponibile a fornire un consiglio, magari anche compagnia per una cenetta di chiacchiera. È, ne sono fermamente convinta, una forma dicontrappasso istintivo. Quando ci siamo trasferiti noi, abbiamo ricevuto aiuto da sconosciuti; la disponibilità verso ignoti è il nostro modo di restituire qualcosa alla società. Karma.
Perché interagire con chi vive sul posto vuol dire immergersi ad un livello più profondo nella culture locale, no? Una bella cosa, insomma. Ma c’è un limite alla quantità di energia che gli sconosciuti sono disposti a investire nel vostro fine settimana all’estero. Sapevatelo.
Ricordo con estremo piacere tutte le volte che è capitato, sia quando ero io la locale, sia quando ero io all’estero a importunare sconosciuti. Tanto per citare un esempio virtuoso: la splendida serata trascorsa in un localino all’aperto sulla sponda destra del Danubio, con il Fidanzato Asburgico e Vera, una poco più che ventenne russa alla quale avevo consigliato su facebook un paio di ristoranti e con la quale avevo disquisito telematicamente sull’outfit giusto per andare al teatro dell’opera. Appena arrivata (volo, albergo e biglietti del teatro prenotati da sola prima di partire) passò nel mio negozio a salutarmi, mi offrì un caffè e prese mezzo metro di appunti su cosa fare in città. L’ultima sera Vera si ritrovò sola, il suo compagno era già ripartito, e andammo a mangiare un boccone insieme. Chiacchierammo di Putin e Berlusconi, della condizione della donna in Italia, Russia e Austria, del mercato del lavoro, e di tante altre sciocchezze, facendo le ore piccole. Un ricordo delizioso.
L’ho chiamato esempio virtuoso perché procura la massima soddisfazione a tutti gli interessati ed è pure facilissimo da attuare. Il nocciolo della questione è questo: se non parlate Tedesco cercate di risolvere tutte le banalità della visita in Italiano. L’idea che cercando in lingua originale si trovino prezzi migliori non è fondata, non siamo più negli anni ’50.
Ergo: restate sul classico, che classico vuol dire facile e accessibile. Opodo per il volo.Accorhotel per l’albergo. E passa la paura. Prezzi da 45 Euro in su, sito in Italiano, alla reception parleranno Inglese sicuro come la morte, e con un pizzico di fortuna pure Italiano.
Poi, sarà un piacere per tutti, contattate pure gli sconosciuti. Che vi spiegheranno volentieri se convenga il taxi o il treno dall’aeroporto, che vi racconteranno come il 90% dei locali viennesi sia per fumatori, o dov’è il caffè (non fumatori) con i gatti giganti da coccolare mentre si sorseggia il cappuccino. E che la roba locale più simile al cappuccino si chiama Melange. E magari, se non volete andarci per forza in orario di lavoro, vi ci accompagnano pure.
All’altro capo dello spettro – sento l’esigenza di spiegare il dramma – metterei il tipo che un anno fa voleva portare a Vienna la moglie per festeggiare i primi sei mesi di matrimonio. Mi scrisse chiedendo di consigliargli un albergo. Risposi banalmente
“Sorry, io vivo qui e ho un appartamento, non bazzico alberghi. Ma se ne trovi uno che sulla carta o sullo schermo ti convince, posso dirti se la zona è carina e comoda per spostarsi velocemente in città”.
Ringalluzzito, cominciò a tempestarmi di messaggi, con un fantastilione di link
“Che te ne pare di questo?”
“Mah, è sull’autostrada, venite su in macchina?”
“No in treno. E questo? Mi pare molto economico”
“Infatti è un ostello, camerata da venti letti a castello, bagno in comune. Ma non venivate per un weekend romantico?”
“Ah, no ecco, non va bene. E questo?”
“Dice tutto prenotato fino alla primavera prossima”
“Peccato, e questo?”
“Non è un albergo, è un corso di pilates”
“Ah, e questo?”
“Sono appartamenti privati, quando arrivi devi chiamare il proprietario al cellulare e incontrarlo per farti dare le chiavi”
“Ah, parla Italiano?”
“Non credo proprio”
“Ah, allora no, e questo?”
…
Con la morte nel cuore, ma avevo davvero da lavorare, feci finta di essere off-line.