Ospedale Sant’Andrea di Roma: femore rotto, due giorni su una barella
Originariamente pubblicato su Italians il 08.11.2013
Caro Beppe e cari Italians,
vorrei raccontarvi una storia successa pochi giorni fa ad un signore poco sopra i settant’anni. Il signore è cardiopatico, ha quattro bypass vecchi di un quarto di secolo, un pacemaker, diversi problemi di pressione, sciatica e ulcera, un ginocchio scassato e prende una carriola di medicine al giorno. Qualche giorno fa è caduto e si è rotto un femore, proprio mentre stava facendo la pre-ospedalizzazione per un delicato intervento di chirurgia vascolare – programmato per la settimana prossima – che non si poteva più rimandare.
L’ambulanza l’ha portato al pronto soccorso più vicino (che non è quello dell’ospedale dell’intervento programmato, che è circa 20 minuti più lontano). Arrivato al pronto soccorso gli è stato dato il codice verde e ha aspettato su una barella per parecchie ore. Una volta constatata la frattura è stato parcheggiato in un corridoio/disimpegno dietro una porta che da’ direttamente sulla sala d’aspetto del pronto soccorso. Sulla stessa barella, insieme a decine di altri pazienti, in attesa che si liberasse un posto in corsia. Ha aspettato due giorni, sulla barella, materasso alto due dita, senza un cuscino sotto la testa, senza uno straccio di comodino ma con una bottiglietta d’acqua e il cellulare poggiati sulla pancia, con la luce al neon sparata negli occhi che non veniva abbassata nemmeno di notte. Odore di sudore, medicine, sangue, urina. Vociare continuo, gente che andava e veniva. Ogni ora che passava diventava più pallido e affaticato. E 48 ore senza poter dormire sono tante anche per un infortunato senza altri problemi di salute.
Un aneddoto tra i tanti capitati nei due giorni: tra le medicine che prende ce n’è una che non va saltata – per rischio effetto rimbalzo – ma al pronto soccorso non era disponibile. Alle rimostranze della moglie, un infermiere del reparto ha risposto (cit.) “Signò, e che je fa se la sarta un paio de ggiorni?”. La signora, poco sotto i 70, è schizzata in macchina a casa, 40 km a/r, e ha fornito lei le pastiglie.
Il signore in questione è mio padre, il pronto soccorso quello del Sant’Andrea di Roma.
No comment. Non c’è bisogno. Mi dispiace MM.
NOTA: Questa lettera l’ho scritta d’accordo con papà (mi pare ovvio, e anche con mamma) perché sia io che lui siamo convinti che queste porcate vadano rese pubbliche, gridate al vento. Meno ovvio è stato l’atto di pubblicarla qui sul blog. Tanti pensieri mi frullano in testa.
È un equilibrio delicato tra voglia di scrivere – che quella è sempre presente – e il pudore di vomitare fatti personalissimi su internet. Tra quanto sia io a gestire il blog e quanto sia lui a gestire me. Tra diario personale – vero o semi-vero che sia – e vita di altri innocenti che s’intreccia con la mia. Comunque ho sempre linkato qui le mie lettere ad Italians, e questa è intesa come pura e semplice denuncia pubblica. The more the merrier, quindi eccoci.
Se e quando avrò voglia di scriverne direttamente qui, non saprei dire.