La 27esima Ora – L’uomo-cacciatore e la donna-preda

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Questa storia non è nuova, mi sta però talmente a cuore che, se potessi, la scriverei sui muri!
Chi avesse voglia, può leggerla sul sito del Corriere, e magari lasciare un commento.

L’uomo-cacciatore e la donna-preda: pubblicità e cattiva cultura

Fatemi fare bella figura! xxx

 

L’uomo-cacciatore e la donna-preda: pubblicità e cattiva cultura

Di Monica Mel

Nel 1992 fui folgorata dalla pubblicità del  Wonderbra, quella con Eva Herzigova in reggiseno strabordante e sorriso ammiccante:

«Non so cucinare. Ecchissenefrega?»

Sarà che all’epoca ero una pischella di 17 anni, e che per salire la scala di popolarità della IV liceo che frequentavo avevo un bisogno disperato del Wonderbra. A me questa campagna metteva un’allegria incredibile. Mi sembrava quasi un inno all’emancipazione femminile: alle ortiche la mogliettina tutta casa e fornelli! Che per controbilanciare lei dovesse per forza essere bella e sensuale non mi aveva irritata più di tanto. Ripeto, avevo 17 anni, un sedere sodo come un melone, la pelle di pesca, e da lì in poi – grazie al Wonderbra – anche altre interessantissime rotondità. E chi mi fermava più?

Non ci avevo più pensato, fino all’inverno scorso, quando mi ritrovai tra amici a discutere sulla notissima campagna pubblicitaria con Belén che fa il gesto di sfilarsi le mutande.

La domanda era banale: «Questo cartellone pubblicitario offende?» E io avevo risposto, come gli altri, superficialmente di no. «Le offese sono bel altre, andiamo!» Solo una voce fuori dal coro, quella di un’amica che stimo molto.

«A me passare ogni santo giorno davanti alla gigantografia di una che si leva le mutande darebbe abbastanza fastidio. Si può fare pubblicità dell’intimo, in modo anche sexy, senza necessariamente sbatterci in faccia ‘sto messaggio che la donna è sempre pronta per/contenta di levarsi le mutande!» Mi era sembrata una reazione troppo violenta, al limite del bacchettone, nonostante arrivasse da una persona che in genere sto ad ascoltare con molta attenzione. A questo punto un amico, uomo, accennò alla vecchia campagna pubblicitaria con David Beckham semisdraiato e seminudo, col pacco in bella vista. «Nessuna differenza, due belle persone in atteggiamento discinto. Il fatto che Belén sia donna non rende l’atteggiamento più grave». E qui l’amica di prima s’inalberò di brutto. «Non sono mica tanto d’accordo! Vero, il concetto della persona molto attraente e poco vestita è simile, però con le donne c’è sempre molta più enfasi sulla disponibilità sessuale della stessa». Cominciai pian piano ad aprire gli occhi. «Beckham è lì come il Bronzo di Riace che dice guardatemi come sono bello e desiderabile, anzi irraggiungibile! Belén e Eva sono invece lì che dicono sono tutta tua. E pure la tua donna dovrebbe esser così. Quello che entrambi hanno in comune è coltivare il voyeurismo e, volendo, la volgarità. Ma il messaggio implicito è diverso».

E poi la bomba: «Pensando in termini di preda vs. predatore o conquista vs. seduttore, ecco, Beckham è il predatore, Belén la preda. E questo è molto grave».

Anche l’amico maschio ci rimase di sasso. «Hai ragione, l’aspetto preda/predatore non mi era mai nemmeno passato per la testa. Sono sinceramente preoccupato». Sono preoccupata anch’io, e pure parecchio. Sfogliando riviste di moda femminili, riviste maschili, giornali, guardando la TV, cliccando i link dei quotidiani online, la solfa è sempre la stessa. Le donne sono belle, seducenti, sexy. L’attenzione è sulle curve, l’abbigliamento, gli atteggiamenti affettuosi. Se è sdraiata sul letto, sembra aspetti che qualcuno le metta le mani addosso. Gli uomini invece sono belli, forti, sportivi. L’accento è sul muscolo, sul successo. Se è sdraiato sul letto, vuole farsi ammirare. Con questo siamo confrontati tutti i giorni, più volte al giorno. Le donne sono dolci, gentili, sensuali, affettuose. Se non lo sono, l’atteggiamento da maschiaccio è una provocazione. O una barzelletta. Al contrario gli uomini proteggono, apprezzano, vincono. E se fanno il contrario, si ride. O si ringrazia sentitamente. Come nelle pubblicità di prodotti per la casa, dove se i piatti li fa lui, userà sicuramente il sapone sbagliato. Lei lo ringrazierà e poi, facendo l’occhiolino alla telecamera, gli metterà in mano la bottiglia giusta. «Ah, se non ci pensassi io!»

A me tutto questo sembra molto sbagliato.

L’ho scritto domenica al blorum Italians, ma i lettori sembrano non aver raccolto. Gli Italiani sembrano non voler accettare che l’immagine della donna propinataci dai media influenzi il comportamento delle persone nella vita reale. Ci metto dentro, oltre alla pubblicità, la quantità assurda di donne seminude che popolano la televisione nazionale. E anche le donne in politica che sfilano in bikini sulle passarelle. E le presentatrici del telegiornale vestite come per la discoteca. Modelli, francamente, sbagliati. La reazione predominante sembra essere: «Sono adulte e vaccinate, mica le costringe nessuno a fare la velina. O a spogliarsi di fronte al fotografo. O a indossare scollature abissali». Tutti lì che inneggiano alla libertà individuale, come io avessi richiesto la censura peggio che in Iran. Altri mi hanno risposto che ho evidentemente torto, dato che in Arabia Saudita le donne vengono trattate molto peggio che in Italia, nonostante girino vestite che più vestite non si può. Che alle donne in Arabia Saudita manchino diritti fondamentali, e che quindi il problema delle donne saudite parta da radici molto più profonde, pare sfuggire. Il problema, a parer mio, non sono i centimetri di pelle esposta. Anzi, la percentuale di superficie corporea esposta sembra salire mentre la condizione della donna migliora. Nel 1800 bastava una caviglia scoperta a turbare gli animi. E le donne non potevano manco votare. Nel 1990, nello stesso blasonato liceo romano di cui sopra, si veniva mandate a casa per uno strappo dei jeans che mostrasse un accenno di chiappa. Oggi le ragazzine vanno alle medie vestite da cubista. Mi pare evidente che seguano un modello proposto dall’alto. O un bombardamento laterale, non saprei. La domanda vera è: perché? Le ragazzine vestite da Lolita lo fanno per consapevolissima scelta personale? Siamo sicuri? Perché c’è una fila lunga diversi isolati per le selezioni da velina? Ho amiche che lasciano le figlie in età prescolare guardare una trasmissione in cui due ragazze ballano in mutande sul tavolo, con la scusa che è una trasmissione d’informazione. Con che faccia poi le invoglieranno a studiare? Perché se critico le Olgettine mi danno subito della brutta racchia invidiosa e mi dicono che loro sì che sono furbe e fanno fruttare quello che hanno? Che mica le costringevano? Nel frattempo, in Svezia c’è l’asilo aziendale e impongono il congedo parentale anche agli uomini – sottolineo impongono, non concedono. Sigh. In modo che, pian piano, le aziende non facciano più differenza tra maschi e femmine quando si tratta di assumere. Tanto a casa col pupo ci staranno tutti.

Smettiamola una buona volta di ripetere alle ragazze che l’importante è essere belle, magre, coi capelli lunghi e senza un filo di cellulite. L’importante non è essere belle, l’importante è essere in gamba. La donna non esiste in funzione del suo uomo. Non è a disposizione. Se poi ci tieni ad essere bella, seducente e sexy, fai pure. Ma non per questo sei automaticamente obbligata a renderti disponibile, sentimentalmente o sessualmente. Ma soprattutto, smettiamo di ripeterlo ai ragazzi, che le loro amichette vanno classificate solo in base a questo. Passate le pulsioni adolescenziali, non avranno altri metri di riferimento. E l’uomo adulto senza valori chiari, di fronte ad una fidanzata che lo molla, di fronte ad una donna che non si concede, reagirà con frustrazione, rabbia, anche violenza. Ecco, allora: ben venga la sacrosanta libertà individuale di mostrare il decolleté. Di vestirsi da strappona, di fare quello che una vuole, come vuole. Ma prima, per favore, forniamo a tutti, maschi e femmine, gli strumenti per capirle – prima di fare – queste scelte.