I lavori di casa a metà

Reading Time: 4 minutes

In tempi pre-Fidanzato Asburgico stavo insieme ad un ragazzo austriaco che era, obiettivamente,un bell’acchiappo. Serio, affidabile, sportivo, in carriera. Chiamiamolo Mr. Right, vah, se lo merita.

Era anche piuttosto emancipato. No, perché l’Austria su certe cose è avanti anni luce rispetto all’Italia. Ma non è, francamente, la Svezia. Una certa cultura machista esiste anche qui; più stemperata, spesso relegata a fasce d’età in odore di pensione. Ma esiste.

Mr. Right, dicevo, era un ragazzo d’oro. Cresciuto con due sorelle da una madre giovane e dal polso deciso. Sapeva stirare, caricare la lavatrice separando bianco e colorati, e pure cucinare.

Mr. Right non era un macho, no davvero. Ma quando andammo a vivere insieme – sarà che io cucino volentieri e avevo undemocraticamente preso completo possesso della cucina – iniziò a dare evidenti segni di debolezza. In forma di calzini abbandonati in giro e assoluto disinteresse per aspirapolvere, lavatrice e prodotti per la casa in generale. Non avrebbe saputo rispondere alle domande

“C’è latte fresco in frigo?”

“È finita la pappa del gatto?”

“Ho camicie fresche di bucato?”

nemmeno se da questo fosse dipesa la sua sopravvivenza fisica.

Sarà anche che era la prima convivenza per entrambi, ma io non mi capacitavo di questa improvvisa inversione di rotta.

Qualche mese dopo andammo a trovare la sua famiglia in un paesino a qualche ora di macchina da Vienna. A presentare me alla sua famiglia, per la precisione.

La prima sera, eravamo soli noi due in cucina, Mr. Right si versò un bicchiere d’acqua. Non dal rubinetto, non da una bottiglia in frigo, ma da una caraffa di vetro poggiata sulla credenza. Acqua di rubinetto, ci tengo a precisare. Pensai che la caraffa era molto bella e questo rituale di bere l’acqua del rubinetto dalla caraffa fosse un piccolo omaggio al donatore della caraffa. Che so, la nonna.

Mr. Right si riempì il bicchiere e si accorse poi che la caraffa era vuota. Prima di sedersi e bere andò quindi a riempirla, per poi rimetterla al suo posto sopra al centrino di pizzo.

Mi girarono di brutto.

“Ma come, a casa manco ti accorgi se è finito lo shampoo, e qui riempi la caraffa prima di rimetterla a posto? No so nemmeno se incavolarmi di più perché l’hai riempita o perché l’hai rimessa a posto!”

Fece un faccino a metà tra il divertito e il colpevole, poi entrò in cucina sua sorella e perdemmo il filo del discorso.

Due giorni dopo, al momento di salutarci, notai un foglio A4 stampato dal computer appeso sulla porta d’ingresso.

Il foglio recitava:

“La disciplina rende tutto più difficile all’inizio, ma alla lunga più facile”.

In Tedesco, assicuro, suona ancora più minaccioso. Mi misi un attimo paura. Anche perché io e la disciplina non siamo propriamente migliori amici.*

Tornati a Vienna analizzai con calma la situazione. Punto primo: Mr. Right sa fare i lavori di casa. Non c’entrano scuse fantasiose quali il sacro timore di far uscire tutte le lenzuola rosa dalla lavatrice. Punto secondo: Mr. Right è abituato a condividere i lavori di casa, la mamma glielo ha inculcato per bene. Punto terzo (l’illuminazione): il machismo non c’entra. Mr. Right è semplicemente pigro, e se lo shampoo finito ricompare magicamente pieno il giorno dopo, banalmente lui non si interroga sulla provenienza.

Realizzai con orrore che eravamo scivolati, senza che io me ne accorgessi, nella routine della classica famiglia italiota, dove lei – e solo lei – si occupa della conduzione familiare.

Certo, lui correva a comando se gli chiedevo di fare qualcosa.

“Porti giù la spazzatura?”

“Ma certo!”

E venti secondi dopo era di nuovo spaparanzato sul divano.

“E il sacchetto della pattumiera l’hai cambiato?”

“Ah, no scusa, faccio subito!”.

E dieci secondo dopo – zac! – divano.

Capii che dovevo correre ai ripari. Rapidamente. E in maniera drastica.

Elaborai quindi un metodo infallibile, che mi sento di consigliare caldamente a chiunque si trovi di fronte allo stesso problema.

Cominciai la sera stessa. Gli comunicai chiaro e tondo che questa casa non è un albergo! – giuro, usai questa espressione e ancora un po’ me ne vergogno – e che da lì in poi non avrei più alzato un mignolo per lui. E lo feci.

In pratica smisi di lavare le sue cose e iniziai a fare la lavatrice solo con i miei vestiti. Smisi di rifornire frigo e dispensa di articoli che interessavano solo a lui. Birra, latte, burro, orsetti gommosi. O di ricomprare articoli da bagno per lui. Lamette da barba, gel per i capelli, la sua crema per il corpo preferita.

Su altri temi è più difficile distinguere tra mio e tuo. Attivai una modalità random. Non caricavo la lavastoviglie ma lavavo gli asciugamani. Non passavo l’aspirapolvere ma davo l’acqua alle piante. Tenevo un tubetto di dentifricio nella mia borsa a mano, insieme a qualche bustina di zucchero per il caffè rubate al bar. Cose così.

All’inizio quasi non se ne accorse. Lo shampoo era nuovo nuovo, i pavimenti a specchio, il frigo pieno.

Per primo finì il latte per il caffè. E lui iniziò a berlo nero come me. Senza fare alcun commento.

In questa fase iniziale raccomando di mantenere la calma. Nervi saldi e vedrete che a breve inizierà il divertimento. Nervi saldi perché tempo cinque giorni avevamo riccioli di polvere e palline di pelo di gatto che facevano le corse su e giù per il soggiorno. Divertimento perché prima o poi finiranno anche altri articoli. Aspettavo con trepidazione il tramonto dei calzini puliti.

Una sera vennero un paio di suoi amici a vedere la partita della Nazionale. Lui aprì il frigo e trovò solo prosecco. Uscì di corsa a comprare un cartone di birra al distributore di benzina. Ma ancora non dava segni di irritazione.

I primi tentennamenti li ebbe quando davvero finirono i calzini puliti. Una mattina me lo ritrovai che preparava il caffè con i calzettoni da calcetto sotto all’abito grigio gessato. Un altro paio di giorni e aveva tirato fuori da un anfratto dell’armadio dei boxer rossi – regalategli per ridere dalla sorella dodicenne. Sulla patta un porcellino rosa, sul sedere la scritta “Buon 2003!”.

Una mattina mi chiese timidamente se secondo me la senape in grani andava bene per lavarsi i denti. Lo guardai con i miei migliori occhi vuoti. E questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Capitolò miseramente.

Era fortunatamente un sabato mattina, passammo il fine settimana a dare una gran pulita alla casa, caricammo venti lavatrici, facemmo una spesona gigante insieme. Mai più avuto problemi di condivisione dei compiti.

 

* Tanto per capirci, questa una citazione visibile sul mio profilo facebook: “External discipline is the only road to happiness for those unfortunates whose self-absorption is too profound to be cured in any other way.”
Bertrand Russell – The Conquest of Happiness