Fifty Shades of bleah!
Ne abbiamo letto tutti fino alla nausea. Curiosa come un gatto quest’estate ho ceduto e nascosta dietro occhialoni scuri che nemmeno Jackie O… ho spedito il Fidanzato Asburgico in libreria a comprato!
Volevo semplicemente capire. Le vendite sprepitose, i paragoni più stavaganti, le critiche più feroci. Cosa c’é dietro Fifty Shades?
In fondo, dopo aver resistito un paio d’anni avevo letto anche Harry Potter, e mi era piaciuto. Un po’ tirato per le lunghe magari, ma JK Rowling ti acchiappa subito e non ti molla più.
Ci ho messo un po’ a finire Fifty Shades, più del solito, perché come temevo è scritto malissimo, e a me i libri scritti male proprio non vanno giù. Non sono nemmeno riuscita a finire Gomorra! Saviano mi perdoni, ma Stephen King e Camilleri hanno tutto un altro talento.
I motivi del successo di Fifty Shades paiono evidenti: tanto, tantissimo sesso, sadomaso edulcorato, la giovane fanciulla vergine e insicura, il bello-che-più-bello-non-si-può, ricchissimo e travagliato da demoni privati. Fin qui una sorta di Danielle Steele un po’ porcella, insomma. Avranno mica ragione i sostenitori del mommy porn? Anche Severgnini liquida Fifty Shades così.
Sarà, ma secondo me il successo di questo libro non è il sesso a tutto spiano. Il genere poi non è affatto nuovo, e chi vuole leggere di copulazione di straforo ha opzioni più eleganti, senza nemmeno dover andare a spolverare Lady Chatterley!
La storiella d’amore tra Anastasia e Christian la troviamo para para nella prima metà di qualsiasi romanzetto Harmony. La prima metà perché gli Harmony arrivano al punto alla fine del libro. Fifty Shades no, è concepito da subito in tre parti e per sapere come va a finire bisogna proprio comprarli tutti. Mica scemi.
Da rispettare è il leggero aspetto pedagogico. Non si smette mai di imparare, direbbe mia nonna, ed ora so più di quanto vorrei sul sadomaso, safe words, hard e soft limits, pratiche varie. Thak. You. Very. Much. (hehe)
Io resto dell’idea, forse un poco ingenua, che un brutto libro non può raggiungere questi livelli di vendita – non importa quante vagonate di soldi è costata la compagna pubblicitaria – se non tocca un nervo scoperto. Quale sarà quindi questo nervo scoperto?
La protagonista del romanzo, Anastasia Steele, ha due vocine interiori (che nel libro vengono riportate in corsivo, sigh): la inner goddess, che si squaglia solo pensiero di sculacciate e nastri stringicavo; e il subconscio che svogliatamente bussa alla porta della ragione. Come qualsiasi quindicenne con una gran cotta, insomma. Anche noi a quindici anni abbiamo spesso ascoltato la vocina sbagliata, vero? E troppo spesso, confessiamolo – vah – la vocina sbagliata era quella della ragione. Perché per prendere decisioni sensate c’é sempre tempo, e prima dei trent’anni dovrebbe essere vietato.
Cosa attira tanto Ana? Ma l’uomo macho, ovviamente!
Il sadomaso edulcorato non c’entra niente. Christian è un tiranno mascherato da uomo traviato. Siediti! Alzati! Finisci quello che hai nel piatto! Girati, piegati, addormentati, svegliati, vieni qui, stai lì! L’evoluzione estrema del tuttologo, come diceva mia cugina ridendo “che fortuna! mio marito sa tutto ed io non ho bisogno di sapere niente!”. In famiglia sospettiamo tutti che lei in realtà un pochino ci sguazzi.
Non sarebbe bello, per una volta, anche solo per il paio di giorni che ci vogliono a finire ‘sto libro, che qualcun altro fosse al volante? Qualcuno che ci ama tanto, che ci rispetta profondamente, che sa cosa vuole e non ha paura di dirlo? Che si assume, spontaneamente e volentieri, la responsabilità di prendere ogni decisione. Grande o piccola, ah che sollievo!
E se poi lui ha un segreto incoffessabile nel suo passato… chissenefrega? Quelli ce li abbiamo tutti, chi piccoli (un tatuaggio che non ci piace più?) a chi grandi (una scappatella, speriamo mai raccontata?). Ecco, Fifty Shades of Gray è l’apoteosi del sogno inconfessabile della donna moderna. Mentre corriamo indaffarate tra lavoro, casa, cucina, ceretta e fatture da pagare… Christian Grey, dove sei?