Paese che vai… feste comandate che trovi

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L’Austria è un Paese cattolico. Il che non vuol dire che la domenica le chiese siano piene di fedeli, per carità; significa semplicemente che, un po’ come in Italia, mentalità, usi e costumi asburgici sono fortemente permeati dal retaggio cattolico.

Che so, il venerdì si mangia pesce, ci si sposa in chiesa anche se non si è troppo credenti, si impreca dicendo Jesus-Maria-und-Josef! (Gesù, Maria e Giuseppe!) e per salutarsi si dice Gruß Gott (un’abbreviazione di Grüß[e] dich Gott, ti saluti il Signore). Una roba, quest’ultima, per cui in Germani ti squalifichi immediatamente per quello che sei: uno che ha imparato il Tedesco in Austria. E i negozi ermeticamente chiusi tutte le santissime domeniche. Davvero, non si scappa.

Le feste comandate, poi, sono un tripudio di cattolicesimo. Qui, infatti, ci sono più giorni di festa cattolici che non in Italia! Quando lo faccio notare agli amici asburgici, cadono tutti dal pero. Per tradurre i nomi di tali feste mi sono poi fatta una cultura religiosa che levate.

Le feste comandate di natura non religiosa sono relativamente simili in Italia e Austria: Capodanno e Festa del Lavoro. Più una festa per la Liberazione d’Italia il 25 aprile e una festa della Repubblica il 2 giugno di là, e un Nationalfeiertag il 26 ottobre di qua.

Le feste religiose sono più divertenti, almeno per quanto riguarda il nome. Ho perso il conto di quante volte ne ho cercate la traduzione online, e immediatamente dopo la spiegazione su Wikipedia di che razza di celebrazione fosse. (È questo il motivo per cui ho messo tanti link, nel caso ci fosse qualcun altro lì fuori con la mia stessa vaga tendenza all’autismo e poi non ci dorme la notte).

Il 6 gennaio è festa anche qui, ma al posto che dire Epifania o colloquialmente Befana, qui si diceHeilige Drei Könige o colloquialmente Drei Heilige. Che non sarebbe manco troppo difficile da intuire, letteralmente Santi Tre Re – i Re Magi. Mi fa un po’ ridere che qui ci tengano a sottolineare la religiosità del fatto. Altro che Befana della mia infanzia: a Roma infatti era lei a portare dolciumi e regalini ai bambini buoni e carbone a quelli cattivi, non Babbo Natale. A ripensarci, una roba alquanto pagana.

Ci sono poi la Pasqua e il Lunedì di Pasqua, che qui festeggiamo preciso identico, Ostersonntag (domenica di Pasqua) e Ostermontag (lunedì di Pasqua).

In Italia, per la festa religiosa seguente, bisogna poi aspettare fino a fine estate. In Austria no! In Austria, dopo Pasqua, arriva quel periodo magico per cui, i primi anni che vivevo da queste parti, mia madre, sentendomi blaterare di tanti giorni di vacanza, si raccomandava preoccupata al telefono di non prendere troppe ferie che poi il capo si indispettiva.

Il 29 maggio è Christi Himmelfahrt, che tradotto letteralmente vuol dire Assunzione di Cristo. Ora, io in vita mia di catechismo ne ho fatto pochino, in pratica solo la preparazione alla Prima Comunione. L’orario di quello per la Cresima, infatti, collideva con le lezioni di tennis, e i miei genitori mi lasciarono scegliere cosa frequentare. (Serva da monito a chi invoca la democrazia diretta). E difatti io ero convinta che Gesù fosse risorto tre giorni dopo la crocefissione, e che la faccenda fosse finita lì. Invece – ho appena ricontrollato su Wikipedia –  ha davvero aspettato quaranta giorni a salire in cielo.

La festa religiosa successiva, il 9 giugno, ha un nome ancora più misterioso: Pfingstmontag. La traduzione letterale non è banale, specie per chi non mastica il Tedesco alla perfezione. In soldoni è il Lunedì di Pentecoste, solo che in Tedesco Pentecoste è Pfingsten e quindi nello Pfingsmontag(che Montag, l’abbiamo già imparato, è il lunedì) manca un pezzo. Non che la parola Pfingsten, intera o tronca che si voglia, rientri nei primi cento vocaboli che uno impara, eh? Manco nei primi mille. O milione, per quanto mi riguarda. Anzi, l’ho appena cercato online. Ma già me lo sono scordato.

Poco dopo ne capita una ancora più misteriosa: il 19 giugno è Fronleichnam, e io all’inizio dal nome ero convinta fosse una festività ebraica (che vergogna). Invece il vocabolario mi sputa fuori una traduzione palesemente cristiana: Corpus Domini. Non che me ne faccia niente, eh, di questa traduzione. Scavando un po’, comunque, Wikipedia (sempresialodata) mi informa che la festività è più comunemente nota come Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo. Non ci ho capito un tubo ma suona solennissimo.

Fino a fine anno, poi, le feste religiose sono tutte in comune una dopo l’altra. L’Assunzione il 15 agosto, che qui si chiama Maria Himmelfahrt (Assunzione di Maria) ma non c’è alcun bisogno di impararlo. Se dici Ferragosto gli Austriaci, che vanno sempre volentieri in vacanza in Italia, ti capiscono lo stesso. Il Primo novembre con Tutti i Santi, che qui si chiama semplicementeAllerheiligen (Tutti i Santi). Poi l’Immacolata Concezione, Maria Empfängnis, l’8 dicembre. Unica giornata di festa in cui i negozi asburgici sono aperti e qui si va a fare shopping natalizio, mentre in Italia si decora l’albero di Natale. Sigh. Poi Natale (qui Christtag – Giorno di Cristo) e Santo Stefano (Stefanitag – Giorno di Stefano).

Riassumendo: feste laiche 4-3 per l’Italia, feste cattoliche 10-7 per l’Austria. Alla faccia.

Questa cosa che l’Austria sia un Paese molto cattolico è la mia spiegazione da sociologa da strapazzo del perché qui gli Italiani si trovino meglio rispetto ad altri posti in cui si parla la stessa lingua. La Germania, ad esempio, specie verso nord, è profondamente diversa. Luteranamentediversa, intendo. La cultura cattolica si porta dietro infatti diversi modi di fare che a noi vengono spontanei; su tutti il vezzo di fare tanti complimenti prima di arrivare al punto.

Prendete questa conversazione, che si svolge allo stesso modo in Italia come in Austria:

“Vuole un caffè?”

“No, grazie, non si disturbi”

“Nessun disturbo, davvero!”

“No, si figuri, non voglio creare trambusto!”

“Guardi che lo preparo volentieri, ne bevo uno anch’io!”

“Ah, beh, allora se lo beve anche lei… si grazie!”

Questa conversazione a Berlino come a Stoccolma sarebbe stata molto più breve

“Vuole un caffè?”

“Si, grazie”.

Ogni volta che mi capita, pur con la mia spessa panatura di scambio interculturale, ci rimango un po’ male.

 

PS Per quanto riguarda le feste mobili come la Pasqua, le date che ho riportato si riferiscono al 2014.