Al lupo, al lupo!

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Nella mia famiglia ci sono diversi episodi leggendari, tramandati – come ai tempi di Omero – esclusivamente per via orale. La storia “La Iaia e la vaschetta di erba gatta” è un classico, e risale agli anni prima che io nascessi, quando i miei genitori vivevano da soli insieme ad un’antipaticissima gatta grigia. Eccola:

 

La Iaia e la vaschetta di erba gatta

Mia mamma, un bel giorno, ebbe l’idea di comprare un regalino per la Iaia: una vaschetta d’alluminio piena di terra con dentro i semi dell’erba gatta, da innaffiare per un paio di giorni, per poi servire la succulenta prelibatezza alla micia.

Mia madre portò a casa la vaschetta, la fece annusare per bene alla Iaia, poi la poggiò sul davanzale interno della finestra e le diede una bella innaffiata. Nei giorni seguenti la Iaia mostrò molto interesse per la vaschetta, cercando continuamente di accovacciarcisi sopra. Mia mamma la allontanava con la mano dicendole

“Ancora un po’ di pazienza, Iaia, tra pochi giorni sarà pronta”.

Quando iniziarono a spuntare i primi fili d’erba, la Iaia ci si fiondò sopra con ardore. Con i dentini davanti cercava di strappare l’erba, aiutandosi con la zampa. Mamma la allontanava con gentilezza

“Iaia! Gatto impaziente! Lasciamola spuntare per bene prima di mangiarla!”

Tempo una settimana di queste scene, la Iaia finalmente capì che la vaschetta non andava toccata.

Pochi giorni dopo i miei genitori valutarono che l’erba gatta avesse raggiunto la piena maturità, chiamarono la Iaia e le poggiarono davanti la vaschetta. Pregustando le fusa e le feste in arrivo, le dissero

“Ecco Iaia! Questo è per te! Divertiti!”

La Iaia non ci capì più un tubo. Ma come? Fino a ieri mi hanno scacciata dalla vaschetta, mo’ me la poggiano davanti e, evidentemente, aspettano una mia reazione. Che vorranno mai?

La Iaia valutò rapidamente le opzioni che le vennero in mente. Mumble mumble – quello del dormirci sopra non va bene, già provato e mi hanno cazziata. Quello del mangiare l’erba pure, provato e non andava bene. Cosa mi resta da fare? (Avrete probabilmente già capito come andò a finire.)

La Iaia salì in equilibrio precario con tutte e quattro le zampe nella vaschetta, poi guardò le facce incoraggianti dei miei genitori che la osservavano contenti, e… ci fece sopra la pipì.

 

Questa piccola variante casalinga della favola di Esopo era solo per introdurre una storiella analoga che mi è capitata di recente.

Poco dopo Natale ho ricevuto un regalo apprezzatissimo: il pelapatate più figo del mondo. Me l’ha spedito per posta La-Mia-Gemella-Separata-Alla-Nascita, che ce l’ha preciso identico e io l’avevo sempre tanto ammirato. Uso consapevolmente la parola ammirato e non, che so, apprezzato, perché l’attrezzo è talmente tagliente che La Gemella, nella sua cucina, non me l’ha mai lasciato usare. Cioè, a casa sua io spignatto parecchio, ma non appena allungo la zampa in direzione pelapatate, lei mi placca con decisione.

“Attenzione! È affilatissimo!”

Poi, gentilmente ma con fermezza, mi spinge via con la spalla e subentra lei

“Aspetta che faccio io!”

E mentre io aspetto, e la osservo affascinata, zip-zip-zip, lei affetta un chilo di pastinache in una manciata di secondi.

Quando mi è arrivato il pacchettino l’ho aperto con trepidazione. Il pelapatate era ovviamente confezionato in una custodia di plastica trasparente di protezione. Mentre mi accingevo ad aprirla con cautela, mi sentivo un po’ come la prima volta che, da bambina, presi l’autobus da sola. O, neopatentata, girato in macchina senza papà accanto. Ho scartato la confezione di plastica trasparente sentendomi molto adulta. Finalmente posso toccarlo!

La nuda verità, invece, è che quell’attrezzo magnifico mi mette addosso una fifa blu. Davvero, quando lo uso sto attentissima e lo maneggio con talmente tanta cautela da spingermi a sperare che, per il prossimo Natale, La Gemella mi regali dei bei guantoni da ostriche, quelli che poi sembri un cavaliere medievale. Per entrambe le mani, si intende. Online ho visto anche una versione che arriva fino al gomito.

Ma soprattutto, io quell’attrezzo lo nascondo sempre molto bene: che non lo trovi il Fidanzato Asburgico! Non che lui sia un pasticcione in cucina, per carità, è bravissimo. Ma sicuramente nesottovaluta la pericolosità.

Esopo, non mi freghi più.